Chiesa Sant’Antonio Abate

Dettagli del luogo

Luogo di culto

Data:

16 Gennaio 2024

Descrizione

La Chiesa di Sant’Antonio Abate con la relativa confraternita esisteva già nei tempi della fondazione del paese.

Orario SS. Messe – Feriale ore 09,00 – Festivo ore 17,00.

Il 17 gennaio, festa del santo patrono dei campi, delle sementi e degli animali, i contadini sfilavano con i loro muli e asini bardati a festa lungo un viottolo limitato da filari di fichidindia che costeggiava l’edificio sacro per andare a ricevere, davanti la porta della chiesa, la rituale benedizione solenne perché nel nuovo anno il raccolto fosse più copioso.

Sorgeva extra terra nel quartiere vecchio detto degli “Ebrei”.

Nello stesso posto della vecchia e pericolante chiesa venne elevata ad opera di Giovanni Garallo tra il 1740 e il 1763 la nuova costruzione in pietra intagliata ad una sola navata con abside a semicerchio.

Nel 1922 fu costruita la cella campanaria dai fratelli Rosselli di Favara.

Nel 1926 accanto alla chiesa fu edificato un istituto per l’ educazione dei fanciulli gestito tutt’oggi dalle suore francescane del “Signore della Città”.

Oggi, non si festeggia più in maniera solenne Sant’Antonio Abate ma la chiesa diventa il cuore di Delia durante la Novena dell’Immacolata che richiama un tale numero di fedeli che spesso, non trovando posto, partecipano alle sacri funzioni dal sagrato della Chiesa.

La chiesa recentemente restaurata presenta al suo interno cinque cappelle barocche delle quali quattro ornate da colonne tortili sormontate da maestosi baldacchini.

Tutti e cinque gli altari delle cappelle sono di legno intagliato e dorato che, come quelli della Chiesa Madrice, sono dei veri e propri preziosi tesori di quell’arte povera del legno isolana che ormai in pochissime chiese viene conservata e valorizzata.

E’ stata riaperta la cripta e rifatto il pavimento usando una ceramica molto simile all’antico pavimento del 1700.

Vi si conservano le statue di Sant’Antonio Abate, di San Francesco da Paola, di San Biagio e dell’Immacolata tutte del 1700, quella del Crocifisso è sicuramente molto più antica mentre le piccole statue di San Luigi Gonzaga e di Santa Elisabetta d’Ungheria sono del secolo scorso.

Approfondimenti a cura di Emanuele Riccobene

Della chiesa di S. Antonio Abate, sita nell’omonima piazza, si hanno notizie a partire dal 1609, quando viene citata nel registro della prima visita pastorale documentata della Diocesi di Agrigento, cui Delia appartenne dal 1597 – anno della fondazione – fino al 1844. In detto registro, relativamente alla chiesa di S. Antonio, si fa riferimento anche alla confraternita omonima[1], ai tempi esistente presso la chiesa[2]. Un secondo documento (un ulteriore registro di visita pastorale), datato 1669, ci informa sugli altari presenti nel XVII secolo all’interno della chiesa; essi erano quelli di S. Antonio, S. Biagio, S. Spirito e S. Agata[3]. Nel 1737, anno della visita pastorale di mons. Gioeni, l’ultima prima della riedificazione della chiesa, gli altari presenti erano quelli di S. Antonio Abate, S. Aloi, S. Silvestre e S. Blasio[4].

Come tutte le altre chiese deliane, quella di S. Antonio venne ricostruita nel Settecento, in particolare tra il 1740 e il 1763, probabilmente a causa del terremoto che, nel 1693, colpì duramente il Val di Noto. Dei lavori si occupò Giovanni Garallo nella veste di procuratore e committente. Per tale motivo egli chiese al Vescovo di Agrigento, ed ottenne da quest’ultimo, il diritto di sepoltura per sé e la propria famiglia nella cripta, come risulta dal seguente estratto di documento:

«Supplica mastro Giovanni Garallo, che per tanti servigi da lui presentati anche come procuratore della venerabile chiesa di S. Antonio di codesta, che per se et suos si concedeva il luogo della sepoltura nella detta chiesa che si ritrova già per finirsi»[5].

Nel 1726 venne rifondata all’interno della chiesa la confraternita dell’Immacolata Concezione, in precedenza esistente presso la chiesa Madre[6]. Anche la confraternita dell’Immacolata, come quella di S. Antonio, ebbe sepoltura presso la cripta.

Il registro di visita pastorale del 1771 riporta, per la prima volta, gli altari tutt’oggi presenti in chiesa: S. Antonio Abate, S. Maria della Concezione (in precedenza alla Madrice), S. Biagio e SS. Crocifisso[7]. Nel Settecento la chiesa fu sede dell’arcipretura mentre alla Madrice veniva costruito il transetto – e rimase tale fino al 1804 –, mentre nell’Ottocento venne più volte occupata dai soldati borbonici inviati da Napoli[8]. Un secondo documento, datato 1875, dà ulteriori notizie circa la chiesa di S. Antonio; si tratta di una delibera del consiglio comunale di allora attraverso la quale tutte le chiese vennero dichiarate di proprietà comunale; di seguito ne riporto uno stralcio:

«[…] Fra le proposte state fissate nella Prima seduta di questo Consiglio è all’ordine del giorno il seguente oggetto:

Dichiararsi le Chiese esistenti nel Comune di proprietà dello stesso.

Il Presidente riferisce al Consiglio che diverse Chiese esistono nel Comune denominate Chiesa Matrice, Sant’Antonio Abbate, Madonna del Carmine, della Madonna Itria, Madonna della Grazia, del Calvario, di San Giuseppe e di Monteserrato, e queste due ultime dirute; delle quali due sole attivate al culto che sono la Matrice e quella della Madonna del Carmelo; e siccome furono erette dal fervore popolare dei fedeli nel territorio Comunale, voglia il Consiglio dichiarare di proprietà Comunale gli edifizii anzidetti.

Il Consiglio Comunale intesa la proposta del Signor Presidente, considerando constare dalle popolari tradizioni che le anzidette Chiese furono erette nel territorio Comunale dall’oblazione popolare, unanimemente, e per appello nominale le dichiara come facienti parte del patrimonio del Comune, […]» (sic.)[9].

Al 1922 risale l’inaugurazione dell’attuale cella campanaria, costruita dai fratelli Rosselli da Favara.

La facciata della chiesa, in pietra, è chiusa da tre lesene, anch’esse del medesimo materiale. Il portale d’ingresso è caratterizzato da due ulteriori lesene che sorreggono una trabeazione sulla quale è realizzata una piccola edicola vuota, anch’essa chiusa da due piccole lesene sorreggenti una seconda trabeazione e il timpano. Sopra di esso è presente un piccolo rosone che consente alla luce di entrare all’interno della chiesa. A chiudere il prospetto della facciata una trabeazione più grande sulla quale si ergono il timpano della chiesa e, al suo fianco, la cella campanaria. I pilastri della cella sono decorati con lesene dai cui capitelli si ergono le arcate che chiudono la struttura. Al culmine di questa vi è una trabeazione sulla quale è costruito un tamburo ottagonale, con un oculo per ciascuna facciata, chiuso, a sua volta, da una copertura conica sulla quale è innestata la banderuola. Il lato della chiesa che si affaccia su corso Umberto I è caratterizzato da una porta e tre finestre nella parte superiore. L’abside è semicircolare.

L’interno della chiesa si presenta a navata unica con due altari per ciascun lato, inseriti all’interno di piccole cappelle barocche ricavate dalle pareti. Procedendo verso l’altare maggiore è possibile ammirare, lungo la parete destra, gli altari dedicati a S. Francesco di Paola e all’Immacolata; di fronte ad essi, rispettivamente, quelli di S. Biagio e del Crocifisso. Tutti gli altari predetti, in legno intagliato, dorato e dipinto, sono sormontati dai rispettivi simulacri lignei di origine cinque, sei e settecentesca[10]. Gli altari di S. Francesco di Paola, dell’Immacolata e del Crocifisso sono, inoltre, arricchiti da un tabernacolo ciascuno (lo sportello di quello dell’altare del Crocifisso è decorato con lo stemma dei Gesuiti, in legno intagliato e dipinto). Le cappelle di S. Francesco, dell’Immacolata e di S. Biagio sono, a loro volta, arricchite da colonne tortili con elementi floreali[11]; dai capitelli di esse si erge un baldacchino sormontato, a sua volta, da una grande corona. Tutto questo complesso decorativo è realizzato in stucco. Il colore dominante della chiesa è il bianco, ma osservando bene alcuni elementi delle colonne e del baldacchino della cappella dell’Immacolata è possibile riscontrare tracce di colore rosa, segno di una precedente colorazione confermata anche da alcune foto contenute nella pubblicazione del sacerdote Giuseppe Adamo, del 1988, sulla storia di Delia[12]. Altre due statue (S. Elisabetta d’Ungheria, sulla destra, e S. Luigi Gonzaga, sulla sinistra) sono collocate su due basamenti quadrati retti da una conchiglia (il tutto realizzato in stucco) che si trovano sopra i due gradini che portano al presbiterio. Prima di essi vi è una lastra tombale in pietra indicante la sepoltura di Giovanni Garallo.

Nel presbiterio trovano collocazione l’ambone in pietra, sul lato sinistro, e il seggio sacerdotale in legno intagliato e dorato, sul lato destro; al centro, sopra un ulteriore gradino, è posto l’altare maggiore, in pietra, affiancato dalla croce astile in legno intagliato e dipinto, di recente acquisto. A chiusura di questo ambiente vi è l’altare intitolato a S. Antonio Abate, posto sopra altri due gradini. Esso è realizzato in legno intagliato e dipinto e arricchito, inoltre, da quattro specchi (due per lato ai fianchi del tabernacolo). Quest’ultimo è costituito da quattro colonnine lignee, due per lato, ai fianchi dello sportello. Esso, in vetro, è decorato con la figura del Buon Pastore in legno intagliato e dorato.

Le quattro colonnine sorreggono una trabeazione sopra la quale è collocata una cupola lignea, di forma semi-ottagonale, soprastata da un piccolo crocifisso. Ai lati dell’altare due tende nascondono, sulla destra, la sacrestia e, sulla sinistra, le scale che portano alla nicchia ove trova collocazione la statua di S. Antonio Abate.

Essa è affiancata da due colonne tortili per lato – identiche a quelle degli altari dell’Immacolata, S. Francesco e S. Biagio – che sorreggono una trabeazione sopra la quale sono realizzati, sempre in stucco, due piccoli angeli in posizione seduta; al centro dei due angeli vi è un cartiglio con la seguente iscrizione: Divitias tribvit miseris Antonivs olim nvnc locvples meritis coelica regna tenet.

Sopra detto cartiglio è realizzata, sempre in stucco, una grande corona, come quelle dei cappelloni predetti; da essa parte una lunga trabeazione che collega tutte le pareti della chiesa e sulla quale si innesta la volta. Alla base delle colonne della nicchia di S. Antonio è possibile ammirare lo stemma dei Principi di Palagonia; realizzato in stucco, e suddiviso in due parti, esso è visibile, sulla sinistra, dalla scalinata predetta, mentre la parte destra è visibile dall’ambiente della sacrestia. Sul soffitto trovano collocazione altri due cartigli con le seguenti iscrizioni: Contempsit vitam mvndi (più vicino all’arco maggiore) e Calcavit artes daemonum (più vicino alla parte centrale della volta). Sotto la pavimentazione, da poco restaurata con piastrelle che compongono il disegno della pavimentazione originaria, è presente la cripta tutt’ora accessibile. Al centro di essa vi è un piccolo altarino, in corrispondenza di una piccola vetrata posta lungo il pavimento della chiesa, poco prima della lastra tombale del Garallo.

[1] Di detta confraternita non si conoscono né l’anno di fondazione, né i capitoli. Oltre al riferimento del 1609 si ha una seconda notizia su di essa nel 1657, anno in cui ottenne la licenza per effettuare la processione del santo titolare della chiesa. Altri riferimenti si hanno nei registri di visita degli anni 1669 e 1736. I suoi membri venivano seppelliti all’interno della cripta della chiesa. Cfr., per tutto ciò, G. Adamo, Storia di Delia dal 1597 ad oggi, Palermo 1988, p. 192.

[2] Cfr. Archivio Diocesano di Agrigento (da qui in avanti ADAg), Registro delle Visite della Curia Vescovile (da qui in avanti Visite), anni 1608-09, f. 280.

[3] Cfr. Adag, Visite, anni 1667-69, f. 357.

[4] Cfr. ibidem, anni 1736-37, f. 387.

[5] Cfr. ADAg, Registro 1763, f. 393.

[6] Cfr. ibidem, Registro 1725-26, vol. 176, f. 540v.: «Erettione di congregatione dell’Immacolata

… nobis in Christo filiis Reverendo sacerdote don Ioanni Dominico Violella Gubernatori alisque devotis Confratribus Venerabilis Congregationis sub vocabulo SS. Marie Virginis de Conceptione, noviter erigende ac fundande in Venerabile Ecclesia sub titulo Sancti Antonii Abbatis Terre Delie huius Agrigentine Diocesis salutem. Cum fervore devotionis accensi erga Immaculatam Mariam Virginem de Conceptione, Congregatinem intus Venerabilem Ecclesiam Sancti Antonii Abbatis Terre predicte erigre, et fundare cupiatis, nos humiliter supplicastis , ut licentiam desuper necessariam vobis impartiri dignaremur nos vero supplicationibus vestris benigne annuentes ac, … nostrarum devotionem augere exeplantes presentes Bullas … futuris temporibus valituras ac perpetuo (?) duraturas expediri mandavimus quo vigore nobis … Congregationem sub Invocatione predicta Beatis Marie Virginis de Conceptione intus Ecclesiam predictam sub titulo Sanci Antoni Abbatis predicte Terre Delie, erigere et fundare vobis libenter concedimus et elargimur licenzia desuper … exercitia spiritualia, nos et confratres pro tempore et alia peragendi favorem … Capitulorum nobis exhibitorum de ordine nostro …

Datum Agrigenti die 12 januariis (?) 1726 …». (I tre punti di sospensione indicano parti non decifrate nel documento stesso; il punto interrogativo tra parentesi indica invece un dubbio sulla trascrizione).

[7] Cfr. ADAg, Visite, anno 1771, f. 1085v.; cfr. anche Delia, Archivio della Curia Parrocchiale (da qui in avanti ACP), anno 1771, numero 17236.

[8] Cfr. Archivio Diocesano di Caltanissetta (di qui in avanti ADCl), Visite, anno 1871, v. Delia, in G. Adamo, Storia di Delia dal 1597 ad oggi, cit., p. 139.

[9] Cfr. Archivio di Stato di Caltanissetta, Intendenza e prefettura, vol. 2640. Cfr. anche E. Riccobene, Lo sviluppo storico-artistico nelle chiese di Delia, Caltanissetta 2015, pp. 35-36.

[10] La statua di S. Biagio è stata realizzata in un periodo compreso tra il 1590 e il 1610; il Crocifisso tra il 1650 e il 1699 (a conferma di ciò vi è un atto notarile del 1698 in cui esso viene citato); le statue di S. Francesco di Paola, dell’Immacolata e di S. Antonio Abate risalirebbero invece ad un arco di tempo compreso tra il 1750 e il 1771. Cfr. inventario dei beni storico-artistici della Diocesi di Caltanissetta all’URL

http://www.beweb.chiesacattolica.it/UI/page.jsp?ordine=rilevanza&locale=it&ambito=CEIOA&domini=1&action=CERCAOA&frase=&regione_ecc=Sicilia&diocesi=Caltanissetta (URL consultato in data 20/12/2016).

[11] Tale soluzione è tipica del tardo-barocco settecentesco, usato anche per la ricostruzione del Val di Noto dopo il terremoto del 1693, e venne utilizzata dalle maestranze locali che la importarono dalle grandi città dell’isola.

[12] Cfr. G. Adamo, Storia di Delia dal 1597 ad oggi, cit., pp. 208 bis e ter e 224 bis e ter.

Le Statue.

S. Francesco di Paola

La statua di S. Francesco di Paola è collocata nella prima cappella sulla destra. In base all’inventario dei beni storico-artistici della Diocesi di Caltanissetta essa risale al XVIII secolo (in un periodo compreso tra il 1750 e il 1771)[1].

Realizzata in legno scolpito e dipinto, raffigura il santo calabrese, compatrono della Sicilia dal 1738[2], in posa eretta; in particolare la statua è raffigurata a forma di S con le gambe protese verso la destra dell’osservatore, il busto arretrato a sinistra e la testa inclinata ancora verso destra (con un piccolo angelo sulla spalla sinistra del santo ad accentuare tale posizione).

Il santo, francescano e fondatore dell’ordine dei minimi, veste un lungo saio di colore scuro con la scritta charitas attorniata da raggi all’altezza del petto ed evidenziata dalla posizione delle mani. Con la mano destra il santo regge un bastone. Il volto ha un’espressione intensa, accentuata dallo sguardo rivolto verso l’alto, ed è caratterizzato da una lunga barba.

Nel complesso è possibile affermare che la statua è molto più espressiva, più ‘umana’, rispetto alla medesima statua di S. Francesco di Paola conservata presso la chiesa della Croce; inoltre la presenza, a Delia, di due statue del medesimo santo è testimonianza della grande diffusione del culto di S. Francesco di Paola nell’intera Sicilia.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451112/Bottega+siciliana+sec.+XVIII%2C+Statua+di+S.+Francesco+di+Paola#tipo_facc=%22statua%22&locale=it&ambito=CEIOA&diocesi=Caltanissetta&action=CERCAOA&ordine=rilevanza&domini=1&sgti_facc=%22San+Francesco+di+Paola%22&regione_ecc=Sicilia&da=1

Angelo dal manto verde.

La statua dell’angelo con il manto verde è posta sul medesimo altare dell’Immacolata, alla sinistra della statua (la destra per l’osservatore). Di origine novecentesca (si tratta, infatti, di una statua realizzata dalla ditta Runggaldier di Ortisei (BZ)), è realizzata in legno. L’angelo è stato raffigurato in posa eretta, sopra una piccola nuvoletta, mentre regge un mazzetto di fiori con la mano sinistra; il braccio e la mano destri sono sollevati verso l’alto; in tensione anche la gamba destra dell’angelo mentre la sinistra, come è possibile rilevare dal panneggio del manto e dalla posa dei piedi, è in posizione rilassata.

L’angelo indossa una tunica di colore avorio e un manto verde con l’orlo dorato.

Immacolata Concezione

La statua dell’Immacolata Concezione è collocata presso la seconda cappella lungo il lato destro della chiesa, procedendo verso l’altare maggiore. Di origine settecentesca (l’inventario dei beni storico-artistici della Diocesi di Caltanissetta la data in un periodo di tempo compreso tra il 1750 e il 1771; lo stesso altare dell’Immacolata venne rifondato, presso la chiesa di S. Antonio, nel 1726 e citato nell’inventario del 1771[1]), è raffigurata in posa eretta con le mani giunte all’altezza del cuore. E’ vestita di una tunica bianca, stretta in vita da una cintura dorata, e con gli orli decorati; la veste è avvolta da un ampio manto azzurro trapunto di stelle dorate e una decorazione, anch’essa dorata, lungo l’orlo. La Madonna cinge, inoltre, una corona d’argento, arricchita da rubini, di origine ottocentesca; la testa è inoltre attorniata da uno stellario d’argento. Posta su una piccola nuvoletta, schiaccia un serpente con i piedi, vicino ai quali è posta una falce di luna in materiale ligneo.

La posa della statua, con la falce di luna, l’abito bianco e lo stellario, richiama molto da vicino il seguente passo dell’Apocalisse di S. Giovanni:

«E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo […]»[2] passo ripreso dal pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo (1618-1682) per la raffigurazione delle sue Immacolate.

Il suo celebre quadro dell’Immacolata Concezione del 1678, conservato al Museo del Prado e una cui copia è riprodotta sullo stendardo dell’Immacolata usato a Delia in occasione dei festeggiamenti, ritrae la Madonna con una veste bianca avvolta da un manto azzurro, una falce di luna ai piedi e le mani che si giungono all’altezza del cuore come nella statua deliana; come la statua, anche lo sguardo della Madonna del Murillo è rivolto verso l’alto in modo tale da rendere la Madonna partecipe del disegno divino a Lei riservato.

Affiancano l’opera due statue di angeli.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451119/Bottega+siciliana+sec.+XVIII%2C+Statua+della+Madonna+immacolata#tipo_facc=%22statua%22&locale=it&ambito=CEIOA&diocesi=Caltanissetta&action=CERCAOA&ordine=rilevanza&domini=1&sgti_facc=%22Madonna+immacolata%22&regione_ecc=Sicilia&da=1

Angelo dal manto rosa.

Questa seconda statua lignea completa il gruppo statuario dell’Immacolata Concezione presso il medesimo altare. Realizzata in legno scolpito e dipinto presso la ditta di arte sacra Runggaldier di Ortisei (BZ), questa statua raffigura l’angelo in posa eretta, sopra una piccola nuvoletta. L’angelo regge un candeliere con la mano destra (anche in questo caso il braccio è disteso lungo il fianco), mentre la mano sinistra è portata all’altezza del petto. L’angelo veste una tunica colore avorio, come l’altro angelo, mentre il manto è di colore rosa con orlo dorato.

Come l’altra statua, il volto appare rilassato, con una mimica facciale che sembra accennare ad un sorriso, i capelli sono lunghi e la testa è circondata da un’aureola metallica.

S. Elisabetta d’ Ungheria.

Secondo l’inventario dei beni storico-artistici della Diocesi di Caltanissetta la statua di S. Elisabetta d’ Ungheria sarebbe ottocentesca (realizzata tra il 1850 e il 1899) [1].

Posta su un basamento in stucco, realizzato a parete all’altezza dei gradini che portano al presbiterio, essa è collocata sul lato destro della chiesa.

Realizzata in cartapesta, raffigura la principessa ungherese (1207-1231) canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235. Dopo la morte del marito, Ludovico IV di Turingia, Elisabetta incrementò il proprio impegno caritatevole nei confronti dei poveri entrando nel Terz’Ordine francescano e dedicandosi, fino alla propria morte, alla cura dei malati dell’ospedale di Marburgo, che aveva fatto erigere in precedenza.

Elisabetta è stata raffigurata in posa eretta, sopra un piccolo piedistallo quadrato. Indossa una tunica di colore arancio, stretta in vita da una cintura di colore rosso. Sulla tunica indossa un ampio manto azzurro (esternamente) e verde (internamente) fissato all’altezza del collo da una fibula e orlato sia internamente che esternamente. Sul capo, coperto a sua volta da un velo bianco, è posta una corona di piccole dimensioni. Lo sguardo della santa è rivolto verso il basso mentre il braccio destro è leggermente alzato e il sinistro posto all’altezza del ventre quasi a tenere il mantello.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451172/Bottega+siciliana+sec.+XIX%2C+Statua+di+S.+Elisabetta+d%27Ungheria#tipo_facc=%22statua22&locale=it&ambito=CEIOA&diocesi=Caltanissetta&action=CERCAOA&ordine=rilevanza&domini=1&regione_ecc=Sicilia&da=91&secolo_facc=%22XIX%22

S. Antonio Abate.

La statua di S. Antonio Abate è posta all’interno di una nicchia sopra l’altare omonimo.

I registri di visita pastorale, conservati presso l’Archivio Diocesano di Agrigento, riportano la statua negli anni 1669, 1737, 1751, 1771 e 1830[1]; si fa riferimento ad una statua di S. Antonio anche in un documento del 1657 attraverso il quale il Vescovo di Agrigento concedeva alla confraternita la licenza di fare la processione[2], e lo stesso sac. Giuseppe Adamo ritiene che detta statua possa essere quella tutt’oggi esistente[3]. Tale ipotesi, tuttavia, non trova conferma nell’inventario dei beni storico-artistici della Diocesi di Caltanissetta che data la statua in un periodo compreso tra il 1750 e il 1771[4].

In legno scolpito, intagliato e dipinto la statua raffigura S. Antonio in posa eretta, sopra un basamento quadrato. Il santo è vestito di una tunica bianca ricoperta quasi completamente dal manto nero sul quale spicca, all’altezza del petto, una piccola croce a forma di T. L’espressione del volto è rigida, severa, con lo sguardo fisso in avanti, quasi inespressivo. Lo stesso volto è caratterizzato da una lunga barba bianca a due punte e sul capo porta un’aureola con decorazioni dipinte in oro. Con le mani regge un bastone (alla propria desta) e un libro chiuso (a sinistra).

[1] Cfr. ADAg, Visite, anni 1667-69; 1736-37, f. 385; 1750-52, f. 557v.; 1771, f. 1085v. Per la visita del 1771 si veda pure ACP, anno 1771, numero 17236.

[2] Cfr. ibidem, Registro 1656-57, f. 408. In tal caso si veda pure G. Adamo, Storia di Delia dal 1596 ad oggi, op. cit., p. 192.

[3] Cfr. G. Adamo, Storia di Delia dal 1596 ad oggi, cit., p. 134.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451244/Bottega+siciliana+sec.+XVIII%2C+Statua+di+S.+Antonio+abate#tipo_facc=%22statua%22&locale=it&ambito=CEIOA&diocesi=Caltanissetta&action=CERCAOA&ordine=rilevanza&domini=1&sgti_facc=%22Sant%27Antonio+abate%22&regione_ecc=Sicilia&da=1

S. Luigi Gonzaga.

La statua è collocata su un basamento in stucco ricavato dalla parete, sul lato sinistro all’altezza dei gradini che portano al presbiterio.

Un altare di S. Luigi Gonzaga è citato, per la chiesa di S. Antonio, già nel 1737 ma è probabile che detta statua esistesse anche prima in quanto l’inventario dei beni storico-artistici della Diocesi lo data al 1725[1].

In materiale ligneo il santo è raffigurato in posa eretta, sopra un basamento quadrato, abbigliato con la talare nera rivestita da un rocchetto sul quale è appuntato un nastro azzurro all’altezza del petto. Il volto giovanile guarda il piccolo crocifisso che il santo tiene tra le mani.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451173/Bottega+siciliana+sec.+XVIII%2C+Statua+di+S.+Luigi+Gonzaga#tipo_facc=%22statua%22&locale=it&ambito=CEIOA&diocesi=Caltanissetta&action=CERCAOA&ordine=rilevanza&domini=1&regione_ecc=Sicilia&da=91&secolo_facc=%22XVIII%22

S.S. Crocifisso.

La statua del Crocifisso è posta nella seconda cappella lungo la parete sinistra della chiesa, procedendo verso l’altare maggiore; è l’unica cappella non decorata con le colonne tortili e il baldacchino.

Come riportato dai documenti conservati presso l’Archivio Diocesano di Agrigento e quello parrocchiale della Madrice, la prima notizia di un altare dedicato al Crocifisso si ritrova solamente nel 1771[1] ma detta statua esisteva all’interno della chiesa almeno dal 1698 in quanto citata nel testamento di un certo Pietro Spitaleri[2]; lo stesso inventario dei beni storico-artistici della Diocesi nissena lo data tra il 1650 e il 1699[3].

Raffigurato come Christus patiens, già deceduto, il Crocifisso è scolpito in legno ed è caratterizzato sia da una non precisa resa anatomica del corpo (si guardino, ad esempio, i muscoli pettorali fusi con quelli intercostali, oppure i bicipiti nel punto d’intersezione con gli avambracci), sia dalla coloritura scura del legno. La statua risulta, inoltre, danneggiata dal tempo in alcune sue parti (la mano destra, i piedi). Come il Crocifisso della Madrice la statua presenta una grande ferita all’altezza dello sterno e una corona di spine molto simile; contrariamente alla medesima statua della chiesa Madre, la croce risulta troppo esile rispetto alle dimensioni del corpo[4].

[1] Cfr. ADAg, Visite, anno 1771, f. 1085 v. e ACP, anno 1771, numero 17236.

[2] Cfr. ASCl, Notai, Cacciatore, vol. 535, f. 237.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451183/Bottega+siciliana+sec.+XVII%2C+Crocifisso#tipo_facc=%22crocifisso%22&locale=it&ambito=CEIOA&diocesi=Caltanissetta&action=CERCAOA&ordine=rilevanza&domini=1&regione_ecc=Sicilia&da=1&secolo_facc=%22XVII%22

S. Biagio.

La statua di S. Biagio è posta sul primo altare sulla sinistra della chiesa di S. Antonio (l’unico altare senza tabernacolo).

L’altare e, immagino, anche la statua vengono citati nei registri di visita pastorale degli anni 1669, 1677, 1737, 1771, 1827 e 1830[1]. Da quanto visto quella di S. Biagio risulta essere una delle statue più antiche della chiesa tant’è vero che anche l’inventario dei beni storico-artistici della Diocesi di Caltanissetta la colloca in un periodo di tempo compreso tra gli anni 1590 e 1610[2].

Realizzata in materiale ligneo la statua raffigura S. Biagio, Vescovo di Sebaste (in Armenia)[3], vissuto fra III e IV secolo d.C., in posa eretta sopra un basamento quadrato. Il santo è vestito con una talare rossa sopra la quale indossa un lungo rocchetto bianco, stola, croce pettorale e un lungo mantello. Il volto, dall’espressione rigorosa, è caratterizzato da una lunga barba. Sulla testa indossa una mitra decorata. Il santo alza la mano destra, in posa benedicente, mentre con l’altra mano regge un pastorale. Ai suoi piedi un pettine per lana a richiamare lo strumento con il quale venne torturato a causa della sua confessione religiosa e, di conseguenza, il suo patronato sui cardatori di lana.

[1] Cfr ADAg, Visite, anni 1667-1669; anni 1736-37, f. 387; anno 1830, f. 124v.; per l’anno 1827 si veda ACP, anno 1827, numero 18145.

http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/4451186/Bottega+siciliana+secc.+XVIXVII%2C+Statua+di+S.+Biagio+vescovo#tipo_facc=%22statua%22&locale=it&ambito=CEIOA&action=CERCAOA&statoinv=%22V%22&ordine=rilevanza&domini=1&regione_ecc_facc=SICILIA&da=11&frase=san+biagio

Correggo qui quanto erroneamente scritto nel mio libro a proposito di questo santo, che allora definii papa. Cfr. E. Riccobene, Lo sviluppo storico-artistico nelle chiese di Delia, cit., p. 101.

Modalità di accesso

La struttura è accessibile ai disabili e l’ingresso è gratuito

Gallerie di immagini

Pagina aggiornata il 16/01/2024, 09:05